domenica 21 giugno 2009

Closed Military Zone

Sabato mattina, abbiamo puntato la sveglia alle sei, si va a Beit Ummar dove si terrá una manifestazione di sostegno ad alcune famiglie di contadini di questo piccolo comune del distretto di Hebron. Queste famiglie hanno la sfortuna di possedere alcune terre che si trovano al confine con un insediamento ebraico. Da aprile la corte militare ha stabilito che per questioni di sicurezza i proprietari della terra non possono piú raccogliere ció che hanno piantato.Lo scopo della nostra presenza ad Asaf é proprio quella di consentire ai legittimi proprietari di raccogliere ció che hanno piantato evitando che vengano attaccati dai soldati o dai coloni.

Raggiungiamo il gruppo di attivisti all’entrata del villaggio. La strategia é quella di dividerci due parti, un gruppo rimane nella parte piú bassa, quella piú nascosta agli occhi di militari e coloni, e l’altro gruppo sale verso la collina. In ogni gruppo c’é chi deve occuparsi di documentare l’evento e chi deve aiutare i contadini a raccogliere le foglie di vite, con cui si prepara un fantastico piatto tipico del Medio Oriente. Io decido di fare entrambe le cose.

Saliamo verso la collina, il gruppo di testa é formato da un nutrito gruppo di attivisti israeliani, con l’incarico gravoso di mediare con i soldati e i coloni. Marciamo in un sentiero di campagna per venti minuti buoni. Il nostro approcciarci alla meta viene chiaramente distinto da qualcosa che non vediamo chiaramente ma che diverrá chiaro nei cinque minuti successivi. Un gruppo di coloni scende giú dalla collina urlando versi incomprensibili. La scena sembra tratta da uno di quei film sulle invasioni barbariche. Ragazzi con il volto coperto vengono giú correndo e urlando, tirando pietre nella nostra direzione. Vediamo bidoni di latta rotolare giú, come gesto del disprezzo estremo che queste persone chiuse nella loro arroganza e nelle loro violenza mostrano nei confronti del resto del genere umano.

Io e la mia coinquilina spagnola rimaniamo basite. Prima di procedere cerco di inquadrare con lo zoom della fotocamera la scena per verificare che i coloni non abbiano dei fucili. Non sono armati, andiamo avanti. Le contrattazioni vanno avanti per mezz’ora. Gli attivisti mostrano ai militari un documento delle autoritá israeliane che dichiara illegale l’uso del termine “area militare chiusa” in zone agricole, in quanto questa ha il solo effetto di danneggiare l’economia palestinese. I militari a loro volta ci mostrano la decisione della corte militare, che ha dichiarato l’area “closed military zone”. Nel frattempo raccogliamo le foglie, ascoltando increduli i versi deumanizzati di questo gruppuscolo di ragazzini cresciuti nella convinzione che questa terra appartiene loro per decisione divina.

Il braccio di ferro con i soldati é durato abbastanza, stando alle parole degli attivisti di vecchia data. Decidiamo che é tempo di andare. Il gruppo si ricongionge con l’altro e partiamo verso il nostro punto di incontro. E’ in questo momento che i militari israeliani pensano bene di tronare a casa con un bottino di almeno qualche arrestato, e perché no proprio il proprietario della terra, che ha anche la colpa di aver filmato e documentato tutto. I militari si gettano su di lui per portarlo via, ma fortunatamente gli attivisti israeliani fanno scudo e si gettano a terra per proteggerlo. Qui comincia lo scontro tra il gruppo e i militari, che non risparmiano ai piú audaci tra di noi qualche bella manganellata data con il manganello di legno, senza l’optional della gomma che di solito lo ricopre per attutire il colpo.

Alla fine della giornata nessun palestinese é stato arrestato, come nessun israeliano. Hanno portato via tre degli attivisti, che verranno rilasciati dopo qualche ora con l’obbligo di non tornare a Beit Ummar per le prossime tre settimane.

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